Antologia del non metodo

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Antologia del non metodo

Vorrei fare qualcosa di utile.

Dopo tanti anni che scrivo e disegno, prima da innamorato e poi anche da professionista, forse è arrivato il momento di dare ascolto a quanti, ormai in parecchi, mi chiedono come mai non abbia mai scritto niente sul mio lavoro di autore. Perché non fai un manuale di sceneggiatura per fumetti? Ce ne sono così pochi in giro che dobbiamo usare quasi sempre quelli pensati per il cinema o la fiction. È possibile che con tutti gli incontri che hai fatto in cui ti sei raccontato o in cui hai raccontato altri autori non ti sia mai venuto in mente di raccogliere tutto il materiale in un volume di saggi? Fai il tuo lavoro da quasi quarant’anni (dal 1985 per essere precisi) e non hai scritto nemmeno un memoir come a un certo punto fanno tutti? Quali sono i tuoi autori preferiti tra fumetti, narrativa, cinema e pittura? Perché non ce ne parli spiegando il perché? Sì, hai capito bene, dovresti scriverli come se fossero dei saggi tra l’appassionato e il didattico. E ancora perché non ci mostri come lavori, che strumenti usi? Visto che insegni da tanti anni potresti anche fare un altro manuale con il tuo metodo di lavoro (il primo, come scritto qualche riga fa, sarebbe quello di scrittura). Insomma richieste del genere. Non che sia un assedio quotidiano ma neanche un episodio sporadico. Immancabilmente ogni volta rispondo che il saggista non è proprio il mio mestiere, preferisco, per indole, vocazione e vanità, stare sul palco piuttosto che dietro le quinte e che nella maggior parte dei casi è meglio che sia l’opera a parlare piuttosto che l’autore. Poi tanto per contraddirmi confesso che da curioso inguaribile leggo molte biografie, perché oltre all’opera mi piace scoprire le persone che l’hanno creata. Solo così riesco a scindere l’artista dall’opera senza cadere nella trappola malsana del giudizio etico o peggio moralistico, il grande male di questi anni difficili che stiamo vivendo. Comunque senza divagare e ritornando nel solco devo prendere atto che raccontare del mio lavoro e dei territori confinanti forse potrebbe essere un approfondimento interessante prima di tutto per me che imparerei a capire di più quello che faccio, quasi mi trasformassi in occhio esterno aiutandomi a trovare le parole giuste per comunicare al pubblico. Perché alla fine di comunicare in modo semplice ed efficace si tratta. Il problema di fondo è che il mio metodo è lavorare senza metodo. Soffro in maniera terribile la routine del lavoro, il ripetersi mi angoscia e inevitabilmente la fase artigianale dello scrivere e disegnare molto spesso è ripetitiva. La noia è una brutta malattia e nonostante tutto mi ostino ancora a difendere il piacere ludico del fare. Così mi sono sempre impegnato a reinventarmi in ogni libro che mi apprestassi a iniziare. Essere sempre un “absolute beginners” è stato il motore creativo a cui ho fatto riferimento. Mettermi alla prova cercando di non ripetermi. Una volta escogitato il metodo lo mettevo da parte. Quindi il non metodo negli anni è diventato il metodo. E magari potrei partire proprio da una rassegna dei vari metodi di lavoro per comporre un’antologia del non metodo. Sarebbe un divagare senza meta, il viaggio per la gioia del viaggio,  i racconti fantastici di un vecchio marinaio in una taverna di pirati a Maracaibo. Avventure su isole sperdute, lotte impari con kraken mostruosi, sfide impossibili con capodogli e tempeste tropicali, naufragi nei ghiacci perenni. In pratica scrivere e disegnare in prossimità della scadenza di consegna, la terribile deadline.

Il bravo autore dividerebbe queste divagazioni da vecchio marinaio in sezioni distinte come vere e proprie lezioni, come per esempio: ricordi e aneddoti, didattica teorica, didattica pratica.

Uno come me potrebbe solo provarci ma non garantisco.

Anzi non garantisco nemmeno di provarci.

Però voi che state leggendo queste righe potreste farmelo sapere.

Poi magari potrei mettermi sul serio a fare qualcosa di utile. 

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