C'è stato un momento da ragazzo che avevo preso a frequentare la scrittura automatica. Mi sentivo un po' come un sommozzatore, uno di quelli che si spingevano a fondo nel profondo del mare stando in apnea. Avevo deciso di scandagliare la creatività sorprendendola alle spalle. Mi ero armato di un quadernetto preso dalla scorta fra quelli di mia madre e di notte quando tutti dormivano mi mettevo all'opera. All'inizio era divertente e mi stupivo di certe associazioni che scaturivano improvvise e bizzarre. Era peoprio la loro imprevedibilità ad affascinarmi. Chiedermi che legame avessero con l’inconscio era diventato una sorta di indagine investigativa. A volte erano perfino utili ad aiutarmi a capire un po’ di me. Avrei dovuto fare un altro tipo di percorso di sicuro più serio e approfondito, affidarmi a chi questo lo fa di mestiere e un po’ ne conservo il rammarico. Queste immersioni nell’abisso individuale nel volgere di qualche tempo diventarono quasi un appuntamento quotidiano. Erano gli anfratti della mia stanza segreta e quando iniziavo la seduta avevo sempre un atteggiamento surrettizio da clandestino come se avessi il timore di essere sorpreso in un momento di trance che mi avrebbe fatto apparire invasato o piuttosto semplicemente ridicolo. Il mondo delle apparenze esercita sempre un grande potere e liberarsene di fatto è il vero potere. Immersione e scrittura, scrittura e immersione e a seguire la lettura dei reperti recuperati. Poi le cose cominciarono a prendere una strada imprevista e notte dopo notte arrivavo sempre allo stesso crinale terrificante: scrivevo di morte, di dolore, di altro a cui non riuscivo a dare il nome, ma comunque buio, spesso denso. Vivevo in uno stato tra tensione crescente e perenne curiosità morbosa. In una notte, che ricordo tremenda, presi la decisione di smettere. Non ho più praticato la scrittura automatica a quei livelli di profondità. La uso tuttora in fase di progettazione quando disegno a caso su un foglio e altrettanto a caso mi lascio andare a scrivere parole e frasi liberate dal controllo. Poi guardo e leggo e come sempre cerco di trovare una relazione. Sono le relazioni a determinare gli scenari e gli intrecci. I personaggi sono ancora tutti là sotto in apnea.
L’immagine che accompagna il testo è tratta dal mio libro su Goya*. Ero appena all’inizio del lavoro e stavo mettendo in pratica la decisione presa di usare gran parte di tecniche e strumenti da disegno usati in passato con altri libri, quasi volesse essere una specie di compendio, una storia nella storia e così avevo rispolverato le matite colorate, i pastelli a cera e a olio. A sentirne l’odore era scattata subito la Madeleine obbligata tra ricordi del passato e quelli che avrebbe determinato proprio quel presente, esattamente come in questo momento.
*Francisco Goya, la tentazione dell’abisso. Sole24 Cultura Comics, 2023.
© 2023 Otto Gabos - All Rights Reserved | Vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, senza autorizzazione.